On gennaio 26, 2010, in Senza categoria, by prepapero

You know the song?


freddo infame in un questa italia piovosa, soffia un vento che m’increspa e mi irrigidisce.
zuppo di goccette di rugiada ando per il borgo medievale, riassaporando il sapore di una bella dormita curativa, di una serata a ricamare in aria un arazzo indiano per la delizia dei presenti. Paolo ed io ci facciamo luccicare gli occhi sforzandoci di spremere l’inesprimibile e versarlo in parole, sorrisi, cenni per condividere con gli amici il viaggio, ormai andato.

Nella nuvola di fumo di qualche bidi sfumacchiato per le artiche salite di perugia ci troviamo ad abbracciarci nei cappotti, con voluminose sciarpe e cuffie di lana dopo il grande caldo padre di Varanasi, dopo le vacche e il Gange, dopo quell’abbuffata di eternità siamo tornati nelle nostre vecchie scarpe da lavoro, direbbe Bukowski.

"Adesso posso bere quanto mi paaaare" – ITDO

In case della ridente Europa progredita e limpia battiamo i denti, il riscaldamento non c’è e se c’è non funziona e se c’è e funziona ci sono degli spifferi maiuscoli che cancellano il tepore. Rimpiango i tropici, il sudore, il solleone che mi accoglieva ogni qualvolta sbucavo dalla mia tana, la polvere, le maniche corte, le (rare) zanzare puneiche, i mango lassi, una vita mai ferma per la strada. Ma allo stesso tempo mi godo mi godo e mi godo la vicinanza degli amici, di un bar dove sorseggiare un caffè degno di codesto nome, le chiacchere e gli abbracci che attendevano da tanto di essere esplicitati nel mondo reale. Di un silenzio che ha del paranormale, di una quiete che rima con morte sometimes, del civismo menzognero che si risolve nella raccolta differenziata e in una vita indifferente.

(Italiani, vi compatisco.)

 

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