On settembre 29, 2009, in Senza categoria, by prepapero

Andiamo a mangiare


Oggi, consumando il mio consueto pranzo nel ristorante indiano dietro casa, vi pensavo (si’, pensavo a voi, lettori) perche’ cercavo di aprire gli occhi sulle principali differenze tra un ristorante in Italia e uno in India. Perche’ ormai dopo sei mesi qui io non ci faccio piu’ molto caso, ma voi si’. Voi, se foste seduti con me a mangiare un thali, vi sorprendereste di alcuni dettagli. Ma vediamo quali:

L’ordinazione

L’ordinazione in Italia si fa una volta sola al cameriere, lui la appunta su un fogliettino, dopo un tempo variabile compreso tra i 5 e i 10 minuti, ecco lo stesso cameriere portarvi la pietanza desiderata al vostro tavolo e dire
- Prego
e voi
- Grazie

Ordinazione in India. Prima di tutto, visto che il locale e’ spesso affollato, prima mi siedo e chiamo un cameriere con un gesto. Arriva, gli chiedo un thali e un chai, un the. Ascolta, se ne va.

Se dopo cinque minuti ancora non si muove niente e vedete servire chi e’ arrivato dopo di voi e’ il tempo di sbracciarsi, fare la faccia incazzata al cameriere senza dire niente ma indicando il nostro tavolo, ancora vuoto. Il cameriere vede, capisce e annuisce.

Questo e’ un passo fondamentale: se non si protesta almeno un minimo si entra nella lista di quelli che non si lamentano e questo e’ pericolosissimo perche’ il pasto potrebbe non arrivare mai, arrivare sbagliato, ecc. ecc. quindi meglio fare qualche rimostranza a tempo debito.

Dopo altri 5 minuti arriva il piatto. Anche qui attenzione, bisogna controllare. Oggi per esempio mancava lo joghurt (parte integrante del thali) e il cucchiaio. Oltretutto il chai non c’era. Inizio a mangiare, ovviamente usando le mani e ad ogni passaggio di un qualsiasi cameriere gli dico "chai".
Dopo un cinque-sei volte arriva anche il chai, grazie a dio.

Ma in questo caso e’ andata bene, non c’e’ niente di cui lamentarsi.
Inutile chiedere che alcuni piatti siano non piccanti, i camerieri annuiranno fino allo sfinimento quando si ordina e poi il piatto e’ lo stesso di sempre, piccante. Altrettanto inutile dire "grazie" o "arrivederci" quando si paga e si va via: la cortesia e’ trasparente e gratuita e non riceverete nessuna risposta.

A meno di parlare di ristoranti con un po’ di classe, con le tovaglie e i bicchieri di vetro (invece dei classici in acciaio) nessuno mostra un minimo di interesse al cliente perche’ si trovi bene o perche’ torni. Questo non vale solo per il cibo, ma anche per altri tipi di negozi dove, invece di essere il venditore a descriverti tutti i prodotti, evidenziarne le caratteristiche ed offrire alternative, qui e’ il cliente che si deve adoperare per scoprire cosa si vende. A volte e’ che proprio non vogliono lavorare, altre e’ che sono fatti cosi’. Il confine e’ labile o forse le due cose si fondono in una sola.

Ma torniamo al ristorante. Altro punto e’ che ci si abitua a vedere ragazzini di tredici anni che lavorano sodo, servono, puliscono, prendono le ordinazioni. Qui non so come siano messi con la scuola dell’obbligo ma il fatto e’ che questi ragazzini sembrano piu’ piccoli uomini che bambocci.

Poi ci sono i neon di emergenza in caso di blackout, usati quotidianamente e poi -il tocco fino- la cucina e’ all’esterno. Si’, avete capito bene, la cucina, con i fornelli, il cibo, il pane ecc ecc si affaccia proprio sulla strada che e’ un viale a quattro corsie trafficato giorno e notte, polveroso e ovviamente con cani randagi e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Oggi ci pensavo: una cosa cosi’ in Italia e che razza di multa ti farebbero?
Ma qui e’ India, qui e’ caos (quante volte l’avro’ gia’ detto?) e va benissimo cosi’.

(nella foto, un thali)

Tagged with:  

5 Responses to “”

  1. angus1one scrive:

    mamma mia una visita direttamente dall’india!!
    e chi doveva dirlo al mio blogghettino!!!

    ottima disanima sugli usi e costumi dei locali indiani…io che so dell’india e dei suoi pasti solo dagli episodi di The Big Bang Theory…

    ma tornando al tuo commento ti spiego in breve la frase sotto la foto, anzi la faccio spiegare a Ventiseitre prendendo un pezzo di un suo post, che ha fatto scaturire il tutto:
    "Me la sento sucata" in Sicilia significa "a me non m’ammazza nessuno", "son troppo figo per preoccuparmi di qualsiasi cosa", con quella leggera sfumatura di significato che resta intraducibile in italiano

    spero di ritrovarti presto lettore delle cretinate che scrivo!
    Angus

  2. dahype scrive:

    ahaha grazie del commento!

    sisi penso che continuero’ a frequentare il tuo blog :) )

  3. FallenAngel77 scrive:

    penso morirei di fame in india!! non sono proprio il tipo che si mette a chiamare 500 volte il cameriere!

  4. dahype scrive:

    we che onore averla sul blog :)

    ehehe ecco adesso capisci, almeno quando alla fine arriva il cibo se nn lo finisco me lo porto a casa ;)

  5. FallenAngel77 scrive:

    certo, dopo tutta quella sofferenza!! ammazza che roba.. :(

Siti per blog